Raccolta

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Condominio interiore

Matteo Beltrami, Condominio Interiore (Articoli Liberi Edizioni, Rivista di Culture e letterature, Annecy, 2025).

www.articoliliberi.com

In copertina: Black and Red di Lupo Sol

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Vivo fra i cani, la mazurca suonata bassa e la scia di pneumatici lontani che non passeranno a prendermi, in un posto che nessuno può raggiungere se non io. È lì che scopro di esistere veramente, libero dalle maschere, alleggerito dai ruoli. Non credetemi quando mi incontrate all’osteria, saranno altri a parlare al posto mio. Amabili, goderecci, simpatici, disillusi forse, ma altri. Io vivo nella nobile insignificanza che più di ogni altra cosa traccia le agonie e le libertà di noi umani. Se soltanto fossimo capaci di offrire la degna patria all’insignificanza, che bella pace troveremmo. Il condominio interiore è un luogo che mi è apparso all’improvviso, alcuni anni orsono. Gli abitanti sono i miei personaggi interiori e io per gioco ho preso a scriverci su delle conversazioni tragicomiche che intrattengo con loro, da ubriaco, sobrio, arrabbiato, innamorato o altro. Una lettura che va sia giù che su, come una candela, nell’arco di una sera. Siamo tutti pieni di imbucati, inquilini che a stento pagano l’affitto e si permettono pure di subaffittare in nero spazi poco perlustrati della nostra anima. “Ho solo ospitato un amico in difficoltà!” Ci dicono. Personaggi interiori. Ci fanno lievitare gli importi delle bollette ma spergiurano di consumarci poca energia. “Ma se manco accendo la luce per leggere!” Ci dicono. Ma i conti sono sempre salati. Ho fatto una riunione di condominio perché c’erano delle cose da mettere a posto.

 
 
«Falsamente remissivo, in forma di sfinente litania, lo strano figuro mi indicava meticoloso e senza sosta ogni cosa che mi potesse dare fastidio o impaurire della vita e del mondo. Era un suggeritore di ansie, di fastidi. Era anche un instancabile ricercatore. Lui era veloce e abile nella ricerca di nuovi ostacoli. Ripudiava le soluzioni, sia quelle facili che quelle estreme e cercava tutto il tempo di denigrarle, banalizzarle. Abitava nel mio cervello, forse da quando ero nato. L’uomo-donna, che ben presto scoprii chiamarsi Odioso Bernard, perché me lo disse fieramente, stava sempre in piedi di fianco alla mia retina oculare, proprio vicino a quella parte del cervello che trasforma gli stimoli esterni in umani pensieri, emozioni, idee. In silenzio, seduti su una panchina malridotta e scricchiolante, c’erano i suoi colleghi, tutti esperti di meccanismi interiori riscontrabili dentro di me. Se ne stavano lì, succubi e in attesa del permesso di parlare.»