Romanzo

Autrice copertina: Jessica Genobile (Kijo)

Romanzi

Il mio nome era 125.

Autrice copertina: Jessica Genobile (Kijo)

Beltrami, Matteo. Il mio nome era 125. [l’odissea di un bambino vittima di un collocamento in un istituto di correzione]. Balerna, Edizioni Ulivo, 2019, 166 p. (I pedigreed).

Prefazione dell’autore
Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, poiché le parole le immiseriscono. E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate.
Stephen King- Stagioni

Quanto narrato in queste pagine mi ha accompagnato da quando
le mie orecchie sono state in grado di ascoltare. In effetti, Piero, dagli anni ottanta ha iniziato con le parole a condurmi nell’odissea della sua infanzia.
Circa due anni fa Piero aveva saputo che si raccoglievano le deposizioni di coloro che, fino al 1981, erano stati internati negli istituti ticinesi. Aveva voglia di cogliere questa opportunità ma non sapeva se fosse in grado di raccontare quella parte della sua infanzia che gli aveva sempre procurato molto dolore.

Nonostante tutto, dopo alcuni giorni di riflessione mi ha chiesto di accompagnarlo. Così nel tardo autunno del 2017, quando io avevo 36 anni e Piero 69, a Bellinzona, seduti di fronte a un’assistente sociale cantonale del ‘Servizio per l’aiuto alle vittime di reati’, guardandolo mentre parlava, per la prima volta mi sono reso conto che in lui un bambino arrabbiato, esposto, ferito, sfiduciato, sarcastico, era ancora incredibilmente vitale. Così, in quel momento preciso, nella mia mente questo libro è diventato un progetto.

Per tanti anni Piero mi aveva raccontato a lungo quello che gli era capitato, quasi a chiedermi il perché o come dimenticare, poiché quel piccolo bambino logorato dai ricordi era sempre presente.

L’assistente sociale, terminata la testimonianza, a quel signore pacato seppur dolorante che aveva davanti, ha posto una domanda che non voleva certo accentuare la brutalità dei torti subiti, ma piuttosto capire quale magico germoglio avesse
mantenuto nei pensieri di quel bambino, il concetto di esistenza.

– Scusi, ma lei come ha fatto a sopravvivere? –

Piero allora raccontò di quando certi odori, scavalcando le mura dell’istituto, si facevano sentire dagli internati, così lui si inebriava e il suo corpo gli chiedeva di mantenersi vivo, perché gli odori della natura, altro non erano che un richiamo del futuro.

Proprio per questo il libro parla di sopravvivenza, della magia naturale racchiusa nella resilienza, della quale noi esseri umani possiamo essere maestri.

L’intreccio dei miei percorsi professionali mi ha portato, fra il 2007 e il 2010, a lavorare in qualità di educatore anche presso il collegio nel quale Piero è stato internato dal il 1954 al 1959. Un lavoro a stretto contatto con gli adolescenti, alle loro intricate circostanze umane, che conducono spesso un minore al collocamento in un centro educativo.

Credo sia rassicurante il fatto che le attuali forme di educazione abbiano lo scopo di emancipare e il dovere di far crescere il rispetto reciproco fra chi ascolta e chi viene ascoltato.

Questa non è una storia inventata ma si fonda sulla verità dei documenti, stimolata dai fatti angosciosi realmente accaduti.

Ora è il tempo di lasciare la parola al racconto e di ascoltare il grido inquietante che si è fatto eco.

Con calma… l’incubo è finito.
Matteo Beltrami